La nascita dell'astronomia araba

Il fuoco del falò si esibisce in una danza con il cielo notturno, unendosi a una miriade di stelle che illuminano la notte sopra il deserto di AlUla. Per migliaia di anni, gli abitanti e i viaggiatori si sono distesi su questa sabbia, guardando verso l'alto con occhi pieni di meraviglia, perdendosi nella bellezza e nei misteri della volta celeste. Fu così che la scienza e l'astronomia entrarono a far parte della tradizione dell'Arabia.

Grazie al quasi impercettibile inquinamento luminoso e all'assenza di formazioni dovute all'umidità delle nuvole, il deserto è da sempre stato il luogo perfetto per ammirare l'infinità dello spazio. Questo ha agevolato lo studio dei fenomeni celesti, dal rapido passaggio delle comete ai curiosi movimenti delle stelle, conoscenze che hanno permeato da sempre la società araba. L'archeoastronomia sta esplorando come civiltà quali i Nabatei interpretassero i cieli nella loro visione del mondo: è probabile che i loro enormi complessi tombali fossero non solo sapientemente scolpiti, ma anche consapevolmente allineati al sorgere e al tramontare di alcune stelle.

Svelare il mistero non è così semplice come sembra, poiché un movimento della Terra, chiamato precessione degli equinozi, ha spostato il nostro allineamento con le stelle nel corso dei secoli. 2000 anni fa, i cieli sopra AlUla erano leggermente diversi; ad esempio, non era possibile vedere la stella polare. Al suo posto, per trovare il nord, i Beduini si orientavano con una triade di stelle che costellava il polo nord celeste. Seguendo attentamente la posizione di questi e di altri astri, riuscivano abilmente a trovare la strada anche nella vastità del deserto.

Dormire sotto questo manto di stelle creava una forte connessione con il cielo. Oltre a dare nomi alle costellazioni, i Beduini le utilizzavano per raccontare storie fantastiche per spiegare i luoghi dove si trovavano e viaggiavano. Una delle stelle più luminose era una brillante supergigante rossa che chiamavano ad-dabaran, Aldebaran, ovvero “l’Inseguitore”. Secondo la leggenda, era innamorato delle Pleiadi, chiamate ath-Thurayya o più semplicemente “la Stella” per via della loro luminosità predominante. Ma al-‘ayyuq, “colui che ostacola”, degno del suo nome, impedisce ai due amanti di ritrovarsi e ancora oggi l’Inseguitore cerca ath-Thurayya nel cielo, senza mai riuscire a raggiungerla.

Storie romantiche come questa sono sopravvissute fino ai giorni nostri e vengono ancora tramandate. Ma nonostante le loro trame possano sembrare fantasiose, sono radicate nell'attenta osservazione del cielo per cui l'Arabia divenne famosa. Il culto islamico dell'erudizione, combinato con la necessità di predire i cicli lunari, il tempo e i luoghi per le pratiche religiose, ha reso l'astronomia un celebre campo di studi. Traducendo, correggendo ed espandendo i lavori dei famosi astronomi di Persia, India e Grecia, integrandoli con le osservazioni della tradizione beduina, gli astronomi islamici sono riusciti a mappare le stelle e i loro movimenti con eccezionale accuratezza, dando forma all'universo.

Le conoscenze da loro sviluppate divennero un punto di riferimento per il mondo intero: furono gli astronomi islamici i primi a suggerire che la Terra girasse intorno al sole, cinque secoli prima che lo facesse Galileo. Calcolarono il diametro della Terra che ruota sul proprio asse, diventando fautori di numerose scoperte clamorose che servirono da base per il lavoro di altri scienziati. E il loro lascito continua a vivere nei nomi che diedero alle stelle.

Oggi, oltre 200 stelle tra le più luminose hanno nomi arabi, tra cui Fomalhaut, che significa “bocca di balena”; Achernar, ovvero, “la fine del fiume”; e Deneb che indica ‘la coda di gallina” per via della sua posizione prominente all’interno della costellazione greca del Cigno. Il cielo notturno che vediamo oggi è scritto in arabo. E guardandolo sdraiati sulla sabbia di AlUla è facile comprenderne il motivo. Le migliaia di stelle che illuminano il deserto ispirano meraviglia e invitano a porsi domande, connettendo chiunque guardi il cielo non solo con il miracolo dell'universo, ma anche con le persone che hanno cercato di svelare i suoi segreti per millenni.